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Channel: La Trappola Golosa
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Praline di ricotta di bufala al miele e cocco

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Parlando con un amico di antipasti e varie cosette sfiziose pensavo alla mia predilezione per la ricotta di bufala, alla sua versatilità dal dolce al salato e nel frattempo mi meravigliavo che questo era ancora un argomento non ancora affrontato in quest’angolino goloso.
“Datemi una ricotta e un vassoio d’appoggio e vi solleverò dalla fame”: è uno dei miei motti in cucina!
Non disperate, anche se non ci fosse proprio nulla in casa, ma ci fosse una ricotta e qualche altra cosa da cercare in dispensa vi preparo un ‘intera cena risolvendo i casi più impellenti di amici che ci ritroviamo all’improvviso in casa, magari portati dal marito senza preavviso.
Non mi dilungo, passiamo subito alla ricetta, ma più che ricetta è un’idea sfiziosa e veloce.
Premetto che, lavorando in un caseificio, uso solo ricotta di bufala, preferibilmente di un paio di giorni. Quindi consistenza e capacità di manipolarla sono riferiti solo a questa; però magari si può provare anche con altre ricotte.


Ingredienti
500 g di ricotta di bufala
70 g di cocco disidratato in scaglie


Preparazione
Mettere la ricotta in una ciotola, aggiungere il miele e lavorare con un cucchiaio per cinque minuti, per renderla omogenea, senza grumi e vellutata al palato. Coprire con pellicola trasparente e far riposare in frigo per 1 ora. Trascorso questo tempo mettere il cocco in un piatto largo e procedere a formare le palline di ricotta. Prelevarne una quantità pari a una noce, rotolarla tra i palmi delle mani e appoggiare sul cocco. Procedere così a farne una decina alla volta, poi rotolarle nel cocco e adagiarle in pirottini di carta.
Continuare così fino ad esaurire tutta la ricotta. Sistemare in un vassoio e conservare in frigo.


Note personali
-Ideali per un buffet o una cena finger food tra amici
- Si conservano in frigo in un contenitore a chiusura ermetica per 4/5 giorni, per cui ideali per preparazioni anticipate.
-Anche se dolci, sostituendo con miele di castagno e un spolverata di pepe sono ideali anche in un antipasto



Pizzeche e Pricchiacca

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  Raviole del plin alla portulaca e patate con fondo bruno di pollastro ruspante

Rientro nell’MTCcon una ricetta che mi ha colpito dritto al cuore, le Raviole del plin,proposte da Elisa, vincitrice dell’edizione di giugno, perché come lei, anche per me i ravioli sono sempre stati uno dei miei piatti preferiti, sia che si tratti di mangiarli sia di prepararli; impastare mi rilassa, tirare la sfoglia mi gratifica, immaginare di fare un ripieno mi fa addentrare nei vicoli variopinti della mia fantasia.
Ho cercato di adeguarli alle tipicità della mia terra, ma non riuscivo ad attivare i miei neuroni per trovare il ripieno e il condimento adatto perché quello che più mi aveva colpito del post di Elisa non era l’opulenza di queste raviole, ma bensì la semplicità: “un tempo gli agnolotti erano fatti di cose povere”.
Allora ho subito pensato a un’erba spontanea, onnipresente in tutti i campi , che ahimè i contadini la consideravano infestante: la portulaca. Le ho voluto ridare la sua dignità, il posto che non è mai riuscita a conquistarsi, perché sempre bistrattata. E visto che nella sua umiltà è un’erba da mille virtù, con foglie carnose e succose, l’ho voluta accompagnare semplicemente alla patata per ottenere l’ effetto legante e con del formaggio conciato, un pecorino tipico del Casertano,che ancora oggi si fa in molte famiglie di tradizione contadina; dopo avergli dato una forma viene, appunto, conciato, ricoprendolo di olio, aceto, piperna e peperoncino, poi viene conservato in anfore di terracotta e conservato anche fino a due anni, acquisendo degli aromi molto intensi.
E il condimento? Anche qui la semplicità! A casa sia ravioli che tortellini si sono sempre fatti cuocere nel brodo, un buon brodo fatto con testa, collo, zampe, punte di ali di un buon pollastro ruspante( mentre gli altri pezzi si conservavano in frigo per la domenica, magari da cuocere nella stufa a legna o il forno del pane).
Nella ricetta di Elisa visto che è consentito il sugo d’arrosto allora ho cercato di trovare  una via di mezzo tra il suo condimento e il mio,  e allora ho pensato a un  fondo bruno di pollastro ruspante; il risultato davvero sorprendente perché pur usando delle semplici ossa,  ho ottenuto un sapore intenso e vellutato alla pari di un sugo d’arrosto, dovuto alla tostatura delle ossa nel forno e all’aggiunta di quel goccio di vino. Si raccomanda di non usare salse di pomodoro, per non contrastare con il ripieno, allora nel mio fondo bruno volutamente ho aggiunto un solo cucchiaino di passata di pomodoro, che non guasta con l’armonia del piatto e da le giuste sfumature a questa salsa.
Per quanto riguarda la forma, anche qui ho avuto una visione molto integrale; visto che plin significa pizzicotto, ho voluto chiudere le raviole  solo con questo: che male c’è? Spero di incontrare il favore delle tre giudichesse!
Quando ho raccontato di tutte queste mie idee a Pasquale celere ed entusiasta è stata la sua approvazione, poi dopo un po’ di pensieri silenziosi e talvolta sonori è scoppiato a ridere. La ricetta in sé gli è piaciuta subito, ma è stata l’erba ad avere un effetto esilarante su di lui. E ora vi svelo il motivo: da noi si chiama “pricchiacca” che rimanda a un membro del corpo femminile(…….non aggiungo altro) per cui pensare a quest'erba infestante e simbolica che potesse avere un uso così nobile gli sembrava una cosa inverosimile o addirittura uno scherzo. Ma per fortuna le novità che ci riserva il mondo culinario stanno sempre dietro l'angolo.
Pasqualeè il mio compagno di viaggio dell’MTC, ormai ci conosce così questa grande famiglia: io con le mani in pasta ad eseguire delle idee messe giù insieme e lui a fotografare ogni passaggio minuziosamente e a decidere quale foto scegliere. 
Il risultato sono sempre dei piatti e dei post che ci gratificano e ci regalano esperienze sempre nuove, all'insegna dell'amicizia e della condivisione di una passione che ci unisce dietro i fornelli.
Ed ora dopo qualche mese di latitanza rieccoci!!!


Ingredienti per la pasta
200 g di farina di grano tenero 0
1 uovo intero grande
2 tuorli di uova grandi
Mettere la farina a fontana su un ripiano di legno e aggiungere le uova. Battere inizialmente con una forchetta incorporando parte della farina e poi continuare con le dita. Impastare con i palmi delle mani per una decina di minuti, allungando la pasta senza strapparla, fino ad ottenere un composto liscio e compatto. Formare un panetto, coprire e lasciar riposare per una mezz’oretta.
Riprendere la pasta e stenderla molto sottile.


Ripieno
400 g di potulaca
500 g di patate
100 g di pecorino conciato
1 pizzico di pepe
Aglio
Olio
Lavare la portulaca e trasferirla in un tegame con olio e aglio schiacciato. Lasciar rosolare a fuoco dolce per 5 minuti, poi sminuzzarla con delle forbici da cucina.
Cuocere le patate con la buccia in acqua salata, scolarle sbucciarle e ancora calde passarle allo schiacciapatate. Aggiungere la portulaca, il pecorino grattugiato e il pepe. Amalgamare il composto con una forchetta.


Fondo bruno
Testa, collo, zampe, punte di ali
e ossa del busto di pollo ruspante
2 carote
2 coste di sedano
 1 cipolla
1 cucchiaino di passata di pomodoro
Erbe aromatiche ( rosmarino, salvia, prezzemolo)
½ bicchiere di vino rosso
Olio
Sale
5 litri di acqua
In una padella che vada bene anche in forno, rosolare su fiamma vivace i pezzi di pollo, trasferirli in forno preriscaldato alla massima temperatura e continuare a rosolare per trenta minuti.
In un tegame mettere l’olio, le erbe aromatiche e le verdure tagliate a dadini; rosolare girando continuamente con un cucchiaio di legno. Aggiungere i pezzi di pollo scolati dal grasso rilasciato sul fondo e il vino, facendolo sfumare completamente.
A questo punto aggiungere la passata di pomodoro e l’acqua. Portare a ebollizione e far cuocere per tre ore. Filtrare e mettere da parte.


Componiamo le raviole
Sulla pasta stesa molto sottile adagiare dei mucchietti di ripieno, piegare la pasta, con i mignoli fare una leggera pressione tra un mucchietto e l'altro per permettere la fuoriuscita dell'aria, chiudere in lunghezza con una rotella dentellata e poi fare un pizzicotto per ottenere le raviole. Adagiare man mano su un telo pulito e infarinato.
Cuocere le raviole in abbondante acqua salata, scolarle e condirle con il fondo bruno.
Niente formaggio.  

      
Note personali:
Il fondo bruno di solito lo preparo il giorno prima; dopo averlo raffreddato immergendo la pentola varie volte in acqua ghiacciata, lo conservo in frigo in modo che il grasso, ormai emerso tutto in superficie,si solidifichi in da  poterlo poi eliminare facilmente con un cucchiaio.

Con questa ricetta partecipiamo all'MTC di settembre

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Insalata di amaranto e melagrana

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Quando ho letto da Virginia della nuova raccolta per Progetto Mondo Mlal ne sono stata felicissima, visto che la precedente, Buono come il pane, mi ha molto coinvolta, regalandomi dei risultati inaspettati: ancora oggi a distanza quasi di un anno ho ancora degli eventi in programma per continuare con la vendita del libro.
E ora ci viene offerta una nuova possibilità, quella di continuare su questa strada per dare il nostro piccolo o grande contributo.
Come tanti chicchi che vengono sparsi dalla mano robusta e tenace del contadino sul terreno pronto per la semina, per dar vita a tantissimi nuovi chicchi, così anche noi siamo chiamati a far germogliare quei chicchi che custodiamo dentro, per rendere sempre più rigoglioso il terreno della solidarietà.
Leggendo il nome della raccolta, Un chicco tira l’altro, ho subito pensato, come un’associazione di idea alla melagrana, che con i suoi chicchi così lucidi e colorati, ha sempre esercitato un fascino su di me. In una frazione di secondo il mio pensiero dalla melagrana si è spostato all’amaranto: evidentemente per il colore rosso vivo dei suoi fiori, evidentemente perché serbavo da tanto l’idea di realizzare una ricetta con questi due elementi.
L’amaranto, come la quinoa e il grano saraceno, viene definita uno pseudocereale, perché non appartiene alla famiglia dei cereali, ma viene usato come tale.


Oggi dal gruppo Fb Io non mangio da solo:
“L’amaranto é considerato pianta sacra, ha origini etimologiche dal greco amarantos che significa "che non appassisce".
Da qui il significato attribuito dai Greci di pianta dell'amicizia, della stima reciproca ed espressione di tutti i sentimenti veri immutabili nel tempo, poiché eterni e unici.
Nella mitologia greca si narra che le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto; quindi l'amaranto era utilizzato per ottenere protezione e benevolenza.
I romani attribuivano all'amaranto il potere di tenere lontana l'invidia e la sventura.
Nel periodo 1600 - 1800 veniva utilizzato come ornamento ai vestiti, perché si riteneva che donasse benessere fisico.
Vista la completa assenza di glutine e l’abbondanza di fibre, l’amaranto è un alimento altamente digeribile, questo il motivo per cui viene introdotto nelle diete di persone con problemi intestinali e nello svezzamento dei bambini; molto spesso l’amaranto viene usato come alimento base nella preparazione di pappe per bambini ed anziani”



L’amaranto dopo cotto ha una consistenza molto cremosa, per cui di solito lo utilizzo per sformati, polpette o minestre. Ma stavolta ho voluto andare oltre e tentare per un’insalata, con la pretesa di riuscire a sgranarlo. E lo scopo sembra essere riuscito: mi è bastato raffreddarlo sotto acqua corrente ed ecco che dalla cremina sono emersi dei chicchi tondi e lucidi.

Ingredienti
150 g di amaranto
1 cucchiaino di curcuma
2 grossi finocchi
2 melagrane
rucola
buccia di 1 limone
pepe nero
sale
olio extra vergine d’oliva


Preparazione
Cuocere l’amaranto con la curcuma secondo le indicazioni riportate sulla confezione; lasciarlo a fuoco spento e coperto per una decina di minuti in modo che assorba tutto il liquido di cottura e si ammorbidisca, raffreddarlo poi sotto acqua corrente in un colino a maglie strette e trasferirlo in una ciotola.
Quest’operazione non compromette il colore dato dalla curcuma poiché già sarà stata assorbita dai chicchi durante la cottura.
Sgranare le melagrane; metà dei chicchi aggiungerli all’amaranto, l’altra frullarli e  poi trasferirli in un colino; con il dorso di un cucchiaio ricavarne il succo, premendo bene.
Al succo aggiungere l’olio, il sale, il pepe e la buccia di limone grattugiata ed emulsionare con una forchetta.
Mondare e pulire i finocchi e tagliarli a dadini di 1 cm; lavare la rucola e spezzettarla grossolanamente. Aggiungere entrambi nella ciotola con l’amaranto e condire con l’emulsione preparata in precedenza.
Dividere in quattro piatti individuali e servire.



Note personali:
-Questa insalata è ideale anche tiepida; basta farla saltare velocemente in una padella antiaderente, poi condirla con l’emulsione e servirla.

-Può diventare un piatto unico aggiungendo della frutta secca, magari anacardi tostati o dei semi di zucca o girasole



Con questa ricetta partecipo alla raccolta per Progetto Mondo Mlal




Cake Pops

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Ci sono delle ricette che ti rimangono impresse nella mente e come moschine svolazzano di qua e di là e vanno via solo se le realizzi.
Veramente nella mia testa c’è un moscaio ronzante e rumoroso, e mentre ne scaccio una ne arrivano tre.
Vanno via quando ti arriva la giusta ispirazione, quando si presenta quell’occasione che vedi come il momento giusto, quando si accende proprio quella lampadina.
Ce n’è una in particolare che resiste dagli albori del mio blog…….anzi dei nostri blog,visto che lei, l'autrice,è "nata" insieme a me.
E ora con il contest Bimbi a Tavola! Le ricette più gradite ai bambini, ho pensato subito di lasciarmi ispirare e utilizzarla con la golosissima crema di nocciole.
Si può usare qualsiasi tipo di torta, anche avanzata da qualche giorno, ma io ho preferito preparare un pan di spagna semplicissimo, per esaltare e sentire il sapore della Nocciolata.
Sono stati un successo; il mio piccolino, attratto dai colori dei confettini e dalle forme rotonde non mi ha perso un attimo di vista. Mi ha seguito durante tutta la preparazione, invadendo il tavolo con i suoi giochi e si estasiava quando con quel suo ditino toccava la pallina e vedeva il cioccolato solidificarsi, poi lo guardava e "incredibilmente"non era sporco.
Divorate in un attimo da lui, dai fratelli più grandi e dal fratello-bambino-papà!


Ingredienti
Per il pan di spagna
80 g di farina
80 g di zucchero
2 uova grandi
1 pizzico di sale
Poi
1 vasetto di Nocciolata Rigoni d’Asiago da 270 g
200 g di cioccolato fondente da copertura
diavoletti, confettini, letterine e codette
di varie forme e colori
stecchini di legno





Preparazione
Per il pan di spagna: montare i tuorli con lo zucchero, fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, poi, con un cucchiaio, incorporare lentamente la farina setacciata. In una ciotola a parte montare a neve ferma gli albumi con un pizzico di sale e aggiungerli all'impasto, amalgamando con un movimento dal basso verso l'alto. Trasferire in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, livellare e cuocere in forno preriscaldato a 170° per 20 minuti. Una volta cotto, sformarlo e aspettare che raffreddi completamente; meglio ancora prepararlo il giorno prima in modo che risulti più asciutto.
A questo punto ridurlo in pezzi e poi sbriciolarlo in una ciotola; per rendere più agevole quest' operazione si può usare anche il robot da cucina. Trasferire il pan di spagna sbriciolato in una teglia larga,  aggiungere la nocciolata leggermente riscaldata a bagnomaria o nel forno a microonde, distribuendola uniformemente con un movimento ripetuto avanti e dietro, amalgamare alle briciole prima con due cucchiai e poi con le mani fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Formare delle palline rotolandole tra i palmi delle mani e adagiarle su un vassoio; far raffreddare un paio di ore in frigo o un ora in freezer.
Nel frattempo sciogliere a bagnomaria il cioccolato tenere in caldo.


Prendere le palline, infilzarle man mano sugli stecchini di legno, bagnare nel cioccolato, dare un piccolo colpetto sul bordo del tegame per eliminare l’eccesso e decorare a proprio piacimento. Infilzarle su una base di polistirolo o di oasis e aspettare che asciughino completamente.


Note personali:
-Ideali per le feste dei bambini, eventualmente incartate in bustine di acetato, da portare a scuola.
-Per ottenere delle sagome diverse dalla pallina è sufficiente usare delle formine per biscotti, appoggiate su carta da forno, riempire con l'impasto di torta e nocciolata, premere, sformare e procedere poi come per la pallina.

Con questa ricetta partecipo al contest di Rigoni di Asiago: Bimbi a tavola! Le ricette più gradite ai bambini




American Breakfast: Eggs Benedict con kaki smoothie, scones ai frutti rossi e na' tazzulella e' cafè

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Questo American Breakfast di Roberta per l’MTC di ottobre mi ha regalato  una gioia indescrivibile, perché mi ha dato per la prima volta in vita mia la possibilità di avventurarmi in questo tipo di abbinamenti mai osato prima.
Tre elementi da presentare:
-uovo su pane con una salsa: ok, chiaro, idee decise sin da subito.
-elemento dolce
-elemento da bere
Su questi due ultimi punti ci sono stati un po’ di “cazzotti” nella mia testa.
Come elemento dolce faccio un banana bread o i cookies  o dei pancake grondanti di sciroppo d’acero o degli scones all’uvetta o addirittura i donuts?
Ma carboidrati e grassi e zuccheri da aggiungere a tutti quelli già presenti nella prima preparazione?
No questo è troppo, è contro la mia impostazione di piatto equilibrato dal punto di vista nutrizionale.
E poi voglio fare lo smoothie! Oddio, ma questo è da bere, è l’ultimo punto!
Evvabè, mi son detta, Anto calmati, un bel respiro, anzi un esercizio di yoga e vedrai che le cose si aggiusteranno. E allora cambio un po’ le carte in tavola e il mio smoothie diventa l’elemento dolce e ovviamente l’elemento da bere a questo punto è il mio amato e inseparabile caffè che non può mai mancare nella mia colazione, a conclusione del mio pranzo e quando arriva quel languorino il pomeriggio che mi farebbe volentieri aprire il frigo, ma poi mi fa dirigere verso la dispensa facendomi immaginare già quel borbottio che emana la moka e quel profumino che si diffonde in tutta la casa.
E ora vi spiego perché lo smoothie è rimasto senza scendere a compromessi. Perché anche io, come Roberta faccio lo yogurt in casa, da sempre ( ogni tanto mi rendo conto che non gli ho mai dedicato un post) e lo yogurt è la base delle colazioni in casa Golosa: una tazza, lo yogurt velato di miele o marmellata o yogurt frullato con frutta e poi biscotti o cereali o un dolce “della casa” e per concludere, ovviamente, un caffè.
Gli english muffin di Roberta mi hanno subito ricordato gli scones; gli ingredienti e le proporzioni erano molto simili, l’unica differenza è il metodo di cottura, che avviene in forno. Allora mi sono attivata per cercare la ricetta che per la prima volta presi da Famiglia Cristiana, una rivista presente in famiglia da sempre e che mi ha fatto muovere i primi passi in cucina con la rubrica curata da Terry e Tony Sarcina, della scuola Altopalato. Sono corsa in soffitta e l’ho trovata: la n 48 del 1986! Accipicchia quanti anni son passati, non ci posso credere, ho ricordato nitidamente la foto e la ricetta, come fosse stato ieri, ma ero poco più di una bambina. Vabbè bando alle chiacchiere e ai ricordi e vai per gli scones, come omaggio a chi mi ha permesso di amare la cucina come parte integrante e fondamentale della mia vita.
Ma facendo gli scones come base per l’uovo alla Benedict  ho pensato di aggiungere a metà dell’impasto una manciatina di frutti rossi essiccati, per avere degli scones dolci e affiancarli così al pasto ormai già definito ed equilibrato; tanto, mi son detta, sotto l’uovo alla Benedict in effetti ci va solo mezzo scones!
Per l’uovo alla Benedict ho seguito alla lettera il procedimento di Roberta, che mi è riuscito al primo colpo, nonostante fossi rimasta attratta dal procedimento infallibile della mia amica Spery, aiutata dal marito Maurizio.
Questo  American Breakfast è stato un vero successo, una gratificazione per tutti i sensi, un matrimonio equilibrato tra i vari elementi, con tutte quelle spezie e aromi appena percettibili ma che sono stati un vero conforto per il palato e per l’anima.

American Breakfast


Scones
250 g di farina
80 g di burro
70  g di zucchero
1 uovo
150 ml di panna fresca
½ cucchiaino di lievito in polvere
Un pizzico di noce moscata
Per spennellare
1 tuorlo
1 cucchiaio di latte


Setacciare la farina e il lievito, aggiungere lo zucchero e la noce moscata e formare la fontana. Al centro mettere il burro ammorbidito a temperatura ambiente e l’uovo battuto insieme alla panna. Lavorare l’impasto fino a renderlo liscio e omogeneo. Se fosse necessario aggiungere altra farina mentre si impasta. Stendere l’impasto di 2 cm di spessore e con un ring di 7 cm di diametro ottenere dei dischi. Adagiarli su una teglia ricoperta di carta da forno e spennellarli con il tuorlo battuto insieme al latte.
Cuocere in forno preriscaldato a 200° per 12 minuti , finché diventano gonfi e dorati.
Per la versione dolce
30 g di frutti rossi essiccati, da aggiungere in metà impasto e procedere come la versione di base




Eggs Benedict
4 uova

In una casseruola da 24 cm di diametro, versare circa 5 cm di acqua e scaldarla a fuoco medio fino alla comparsa delle bollicine sul fondo e sui bordi della pentola.
Rompere le uova in una ciotolina.
Versare delicatamente le uova sulla superficie dell'acqua, lasciando che vadano dolcemente a fondo. Far cuocere  per 3 o 4 minuti, usando una spatola di gomma per staccare delicatamente le uova dal fondo della pentola, se fosse necessario.
Con un mestolo forato togliete le uova dall'acqua, una alla volta, scolandole molto bene e se fosse necessario tamponare il fondo del mestolo con un pezzo di carta da cucina per assorbire tutta l'acqua in eccesso.



Crema all’edammer
4 tuorli
Sale
80 g di burro
150 ml di chardonnay
50 g di edammer grattugiato
Pepe rosa
In una pentola battere i tuorli con il sale; immergere la pentola in un bagnomaria con la fiamma bassa e continuando a girare aggiungere il burro morbido. Lavorare energicamente e aggiungere lentamente, a filo, il vino; continuare a mescolare fino a quando la crema si addenserà.
Togliere dal bagnomaria e aggiungere il formaggio grattugiato; amalgamare bene fino ad avere una salsa liscia e vellutata. Completare con qualche grano di pepe .
Componiamo l’Eggs Benedict
4 fette di salmone affumicato
Da passare sulla piastra ben calda appena 10 secondi per lato e adagiare su mezzo scones tostato leggermente. Adagiare sopra l’uovo cotto e scolato e completare infine con un po’ di salsa. Spolverare eventualmente con altro pepe rosa.


Kaki Smoothie
500 gr di yogurt
2 kaki
1 pizzico di cannella
Buccia di 1 limone grattugiato
2 cucchiai di miele di acacia


Sciacquare con delicatezza i kaki e sbucciarli tenendoli appoggiati in un piatto per recuperare tutta la polpa.
Trasferirli in un frullatore e aggiungere il resto degli ingredienti. Azionarlo prima a intermittenza e poi alla massima velocita fino ad ottenere un composto omogeneo.
Dividerlo in 4 bicchieri e decorarlo eventualmente con altra cannella o scorza di limone




Per completare
Uno scones ai frutti rossi e
Na’ tazzulella e’ cafè bollente e amaro come piace a me; poi se mi trovo a passare per la Grande Mela uno di questi giorni lo bevo lungo e dolce come è uso da quelle parti. Ma lì se trovo poi una moka o,ancora meglio, una cuccumella per me sarà gioia piena!




Con questa ricetta partecipo felice e appagata all'MTC di ottobre

Benedict's Egg

Polpettine di miglio

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Per rimettersi in pace con se stessi non c’è nulla di meglio che intraprendere un viaggio che ci riporti all’essenziale.
Alla terra
All’hummus
Alle origini
E allora scegli, scarti quello che ti intralcia, come in una giungla sposti tutti quei rami, quelle giganti foglie, per aprirti la strada e procedere.
Non vedi la meta, ma ti apri la strada.
Una malattia, un sopruso, un dolore, una delusione ti fanno fermare, ti fanno gemere e ti fanno fare i conti con te stesso; ma devi procedere, non puoi fermarti, hai la responsabilità dell’equilibrio e della sicurezza di altri che dipendono da te.
E anche di chi non dipende da te.
Raccogli le tue forze, alzati, procedi in pace, con la consapevolezza che la strada è irta e piena di insidie, ma altri l’hanno battuta prima di te.



Ingredienti per 16 polpettine
100 g di miglio decorticato Ecor
2 uova bio, cat A
1 cucchiaio di parmigiano
1 cucchiaio di pecorino
60 g di mozzarella di bufala
Prezzemolo
Aglio
Pepe nero
Sale marino integrale
2 cucchiai di semi di sesamo Ecor
3 cucchiai di lievito alimentare in scaglie
3 cucchiai di mandorle



Preparazione
Cuocere il miglio per 15 minuti in 250 ml di acqua. Spegnere e lasciar intiepidire senza scolare l’eventuale liquido residuo.
Battere le uova con il parmigiano e il pecorino grattugiati, il prezzemolo tritato, il sale e il pepe.
Tostare le mandorle in forno a 150° per 15 minuti, lasciar raffreddare e frullare in un mixer insieme al lievito in scaglie; trasferire in un piatto largo, aggiungere i semi di sesamo, amalgamare i composti.
Ridurre la mozzarella a dadini piccoli e mettere da parte.
Aggiungere il battuto di uova al miglio ormai intiepidito, impastare e  procedere a formare le polpette. Prelevare un po’ di impasto, fare un incavo, posizionare qualche dadino di mozzarella, chiudere, rotolare tra le mani e rotolare poi nel mix di mandorle, sesamo e lievito.
Trasferire in una teglia ricoperta con carta da forno e cuocere a 180° per 15/20 minuti e comunque fino a doratura delle polpettine.



Feijoa Jam

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Keating -Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l'autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice "molti uomini hanno vita di quieta disperazione", non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi attorno... Osate cambiare, cercate nuove strade. Allora, in aggiunta agli esercizi, vorrei che componeste una poesia. Tutta vostra, lavoro originale. Si, una poesia. E dovrete leggerla ad alta voce di fronte alla classe. Martedì. Bonne chance.


Avrete notato che ognuno di voi si muove con la sua particolare andatura. Per esempio Pitts, se la prende comoda, tanto prima o poi arriverà. Invece Cameron sta pensando "Andrà bene? Forse si, ma certo. O forse no, chi lo sa?" E il nostro Overstreet è mosso da profonda passione... Lo sappiamo tutti, non è vero? Ma non li ho fatti marciare per deriderli, li ho fatti marciare per illustrare la questione del conformismo, la difficoltà di mantenere le proprie convinzioni di fronte agli altri. Alcuni di voi hanno l'aria di pensare: "Ah, io avrei marciato diversamente!". Allora chiedetevi: perché battevate le mani? Ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari, anche se il gregge può dire "Non è beeeeene". Come ha detto Frost, "due strade trovai nel bosco e io, io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso." Voglio che troviate la vostra camminata adesso, il vostro modo di correre e passeggiare, in ogni direzione, comunque vogliate, che sia fiero o che sia sciocco, sta a voi. Giovanotti, il cortile è vostro. Non dovete dare spettacolo, lo fate per voi stessi. Beh, Dalton, non partecipa?

Charlie: Esercito il diritto di non camminare.

Keating: Grazie mille Dalton. Ha afferrato l'idea al volo. Andate pure controcorrente.
Neil: E tu, che hai intenzione di fare? Charlie?

Charlie: Ti ripeto, Neil, che mi chiamo Nuwanda.
Nolan: Mi sono giunte voci, John, di alcuni metodi non ortodossi di insegnamento nella sua classe, non voglio dire che abbiano qualcosa a che fare con Dalton e la sua bravata, ma non credo di doverle rammentare che a quell'età i ragazzi sono molto impressionabili.

Keating: Beh, la sua ramanzina penso che li abbia impressionati.

Nolan: Che stava succedendo in cortile l'altro giorno?

Keating: In cortile?

Nolan: Si, li ho visti marciare, battere le mani...

Keating: Oh, già... Stavo cercando di provare una cosa: i rischi del conformismo.

Nolan: Beh John, lei sa che qui esiste già un programma e funziona. Se lei lo mette in discussione, gli studenti faranno altrettanto.

Keating: Ho sempre creduto di dovergli insegnare a ragionare da soli...

da L'Attimo Fuggente, 1989


Ingredienti
1 kg di frutti di feijoa
500 g di zucchero di canna
la buccia di 1 limone
2 mele annurche
5 grani di pepe nero


Preparazione

Lavare la frutta e senza sbucciarla tagliarla a dadini di 1 cm. Trasferirla in una pentola e aggiungere lo zucchero di canna. Lavare il limone e tagliare la buccia sottilmente evitando la parte bianca e aggiungere anche questa al composto di frutta e zucchero; aggiungere infine i grani di pepe nero. Amalgamare bene e procedere con la cottura calcolando 40 minuti dall'inizio del bollore, a fiamma dolce. Trascorso questo tempo, passare al passaverdure, poi trasferire, ancora caldo, in vasi di vetro precedentemente puliti, tappare e passare in un'altra pentola piena di acqua riscaldata leggermente in precedenza.. Sterilizzare per 30 minuti. Spegnere e lasciar raffreddare senza togliere dall'acqua.



-Note personali

-la frutta non va mai sbucciata, perché nella buccia è contenuta maggior pectina, un'addensante naturale.
-Per lo stesso motivo ho aggiunto 2 mele, perché ricche di pectina.
-Invasare ancora caldo, tappare e far raffreddare capovolto può bastare per conservare le marmellate. Ma per una sicurezza maggiore preferisco sempre sterilizzare con la bollitura.
-Il passaggio in acqua precedentemente riscaldata evita lo shock termico che rischierebbe di far rompere i vasi di vetro caldi a contatto con l'acqua fredda.



Con questa ricetta, che mi ha fatto guardare da un'altra prospettiva,facendomi uscire dal conformismo, partecipo al contest di Vaty



Pane di farro semintegrale alle caldarroste con lievito madre

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Se qualcuno mi chiedesse quale sia il ricordo a me più caro legato alla castagna, risponderei subito: le caldarroste della nonna.
Nessuna preparazione elaborata, nessuna ricetta da seguire, eppure le caldarroste come le preparava lei non le ho mangiate mai più!
Sapevano di buono, erano confortanti, ritrovavo quel calore che fredde e umide giornate invernali mi portavano via.
La nonna aveva uno di quei camini antichi, molto alto, con due massi di pietra ai lati per sedersi; io ci entravo tutta intera, spinta dalla curiosità di scoprire  cosa borbottava o sfrigolasse li dentro. Ma in breve la curiosità si trasformava in timore perché alzando lo sguardo scorgevo un tetro e misterioso “cielo” sopra di me, da dove potevano calarsi misteriose creature che mai avrei voluto incontrare.
E allora retrocedevo e mi avviavo verso la nonna che era seduta sempre vicino al camino, su una sedia di paglia, per tuffarmi in quelle braccia accoglienti e robuste che subito mi si avvinghiavano intorno e mi facevano sentire protetta e sicura. In altri momenti, quando venivo sedotta da Morfeo ( che lei chiamava Paolillo, e non ho mai capito la ragione), tra le sicure braccia, appoggiavo il viso su quei grossi seni, come su un morbido cuscino che profumava di lavanda, l’annusavo e sprofondavo in un dolce e lungo sonno.
Ritornando alle caldarroste, al grande camino e alla nonna,  lei, come tutte le nonne, era dotata di particolari poteri, che trasformavano qualsiasi cibo in pietanze prelibate e succulente; le cose preparate da lei avevano un sapore in cui mi ci ritrovavo, rispecchiava i miei gusti e i miei desideri di appagamento. Quando entravo mi precipitavo per guardare cosa ci fosse ed era una gran festa per le mie papille gustative!!! Lei era solita prepararle prima le cose; la frittata con le patate, le frittelle ai fiori di zucca o con i cavolfiori, i friarielli, i fagioli e la zuppa di castagne con alloro e pepe cotti entrambi sotto il grosso camino, gli spaghetti da riscaldare poi nel tegame di rame per fare la crosticina dorata; ma le caldarroste lei le preparava solo al momento di servirle.


Il pane poi era un vero e proprio rito; la preparazione del criscito  la sera, l’impasto e la formatura la mattina presto e la cottura nella tarda mattinata, nell’antico forno di pietra,  in cui ci andavano anche pane di mais, pizze, patate, peperoni, migliaccio a carnevale e pastiere dolci e salate a Pasqua. Nonostante tutto questo ben di Dio, l’odore che aveva il sopravvento era sempre quello del pane; si diffondeva nell’immenso cortile, si intrufolava nelle camere al piano di sopra, serpeggiava nel silenzioso e mesto vicolo. Nel frattempo che prendevano forma queste alchimie, nonna provvedeva a sistemare il Lievito Madre in un angolo della  madia, dopo averla raschiata per bene, sistemava il grosso setaccio al riparo dell’umido e della polvere e tirava fuori i migliori canovacci di tela grezza ricamati da lei a punto croce, per avvolgerci il pane da regalare.
Nonna ha deciso di andare via quando già ero adulta e presa dagli affanni e dagli impegni tipici di una giovane mamma, non mi ero resa conto quanto mi fosse costata la separazione da lei.
Con il passare degli anni sono iniziati ad affiorare dolci e nostalgici ricordi, rendendomi conto quanto la sua vita animasse il mio presente, quanto i suoi valori hanno contribuito a formare i miei, quanto i suoi insegnamenti si sono impressi nella mia vita, formando la mia personalità,
Se lei non avesse panificato con il Lievito Madre, io non l’avrei fatto; se lei non avesse baciato il pane quando lo raccoglieva da terra, io non avrei avuto la stessa riverenza per questo;  se lei non avesse benedetto il pane dopo averlo infornato, io non avrei avuto consapevolezza della sua sacralità.


Pane di farro semintegrale alle caldarroste con lievito madre

Dalla dispensa ...

500 g di farina di farro tipo 0

250 g di farina di farro integrale
250 g di lievito madre di farro
480 ml di acqua
300 g di castagne
1 cucchiaino di sale integrale
1/2 cucchiaino di pepe rosa
2 foglie di alloro
1 cucchiaino di miele di castagno
1 cucchiaio di olio evo


... alla madia 
Vi chiederete magari di quel lievito madre di farro. Niente paura, dal frumento al farro il passo è breve, visto che di stessa famiglia si tratta; l'importante è possedere un bel lievito madre in salute e maturo e rinfrescarlo per un paio di volte con la farina di farro.
Partiamo da 40 g di lievito madre di frumento e rinfreschiamo con 40 g farina di farro e 20 g di acqua.
Otterremo 100 g di  lievito madre; rinfreschiamo di nuovo come prima, aggiungendo però 100 g di farina di farro e 50 g di acqua e avremo così i nostri 250 g di lievito madre utili per cominciare con la ricetta.
Mettere in una ciotola le due farine e fare una fontana al centro; aggiungere il lievito madre sciolto precedentemente con le fruste elettriche con 150 ml di acqua tolta dal totale e il miele, aggiungere poi il resto dell'acqua, le foglie di alloro tritate finemente, il pepe rosa sminuzzato tra le dita, il cucchiaio di olio e infine il sale, facendo attenzione a metterlo sui bordi, solo sulla farina.
Impastare cominciando dal centro, magari con una forchetta, incorporando la farina un po' alla volta, poi quando si rassoda iniziare a impastare con le mani trasferendo la massa su un piano da lavoro;  continuare a impastare per breve fino a quando diventa omogeneo.
A questo punto trasferirlo su un piano da lavoro, e iniziarlo a impastare con la tecnica dello Slap and Folding, tradotto letteralmente schiaffo e piega. Consiste nel battere l'impasto sul ripiano e piegarlo, ripetendo più volte anche fino a 10 minuti e comunque fino a che non risulti elastico e liscio.
Lasciarlo puntare per 40 minuti, coprendolo con una grande ciotola, perché non asciughi.
Nel frattempo preparare le caldarroste. Dopo averle messe a bagno in acqua per 10 minuti, scolarle e incidere solo la buccia esterna con un taglio di un paio di cm. Trasferirle nella padella con i buchi e arrostirle per 15 minuti sui carboni. In alternativa è possibile arrostirle sulla fiamma del fornello per 7/8 minuti scuotendo la padella ogni 30 secondi e continuare poi nel forno preriscaldato a 230°, possibilmente con modalità grill, per altri 15 minuti.
Sbucciarle ancora calde, tritarle grossolanamente e aspettare che raffreddino, poi tritarle più finemente.
A questo punto, ritornando all'impasto del pane, appiattirlo dandogli una forma rettangolare, distribuirci sopra le caldarroste tritate e procedere alle pieghe: piegare, sovrapponendoli, prima i due lati più lunghi, poi ripetere la stessa operazione con gli altri due lati. Capovolgere la massa di pasta e sistemarla in una ciotola di ceramica o di vetro dove è stato messo prima un telo da cucina e poi un foglio di carta da forno: fare attenzione che le pieghe vadano sotto. Coprire con i lembi del telo e poi sigillare la ciotola con pellicola da cucina. Sistemare in frigo e lasciar lievitare per 20 ore.
Trascorso questo tempo, togliere la ciotola dal frigo e far lievitare ancora: con temperature esterne fredde, occorrono dalle quattro alle sei ore, mentre d'estate dalle due alle tre ore.
Comunque fare la prova dito: con il polpastrello premere l'impasto, se viene su lentamente è pronto per essere infornato.
Accendere il forno e portarlo a 230°, mettere una teglia con acqua sul fondo e quando la spia del calore si spegne, infornare. Tenendo un lembo del telo in mano, tenderlo e contemporaneamente sfilarlo dalla ciotola e appoggiarlo su un lato della placca da forno, poi ripetere la stessa operazione con la carta da forno. Con una mano tendere questa, spostando il pane al centro della placca e con l'altra sfilare il telo.
Incidere il pane con un taglio a croce, leggero e deciso e infornare.Lasciar cuocere 15 minuti, poi abbassare a 200° e togliere la teglia e lasciar cuocere altri 30 minuti. Trascorso questo tempo fare la prova cottura: colpire con la mano chiusa a pugno il fondo del pane: se "suona" di vuoto, è cotto.
Spegnere, appoggiarlo verticalmente a una parete del forno, lasciar leggermente aperto il forno e farlo riposare così per altri 15 minuti.
Tolto dal forno, far raffreddare avvolto in un telo.


E per chi non possedesse il lievito madre?
Ecco la versione con lievito di birra. Resta tutto invariato, cambiano solo  le dosi delle farine e dell'acqua e i tempi di lievitazione fuori il frigo
Allora faremo così utilizzando
600 g di farina di farro tipo 0
330 g di farina di farro integrale
550 ml di acqua
un panetto di lievito di birra
Il procedimento e la lievitazione in frigo uguale al precedente, poi la lievitazione fuori il frigo è più veloce: d' inverno occorrono dalle due alle tre ore, d'estate una o due ore.
Anche la cottura seguiremo il procedimento del pane a lievitazione naturale.





In giro avevo letto di questa Signorina Pici e Castagne, diventata poi signora, ma sinceramente non avevo ancora avuto il piacere conoscerla. Poi mi ci voleva questo MTC di novembre per fare questo passo. Ed è stato un mondo meraviglioso quando sono approdata al suo blog; mi sembra di aver respirato quell'aria di Toscana che già avevo conosciuto dai miei viaggi negli anni scorsi. Il tema della sfida mi aveva lasciata un po' perplessa, ma poi rinfrescando il mio Lievito Madre, ho pensato di omaggiare la signorina/signora con un pane, che penso, come tutte le toscane, gradisca.
E allora, con questa ricetta, emozionata e felice, partecipo all'MTC di novembre



...è scoccata L'ORA DEL paTE'

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41 patè, 33 pani, 3 chutney, 8 burri, tutto racchiuso in un libro, L'ORA DEL paTE' , il primo di una collana, da un’idea di Alessandra Gennaro, con il contributo della community dell’MTChallange, dell’intera community. E sì diciamocelo pure che lo sentiamo nostro, di ognuno; anche se non c’è la mia firma sotto quelle ricette, sento di far parte di questo libro, sento di far parte di questa grande famiglia, che ogni mese mi da lo stimolo a elaborare delle ricette in cui metto il meglio di me stessa.


Con questo libro, la community dell'MTChallenge sostiene il progetto “cuore di bimbi”,
della Fondazione“aiutare i bambini”. Nata nel 2000, per iniziativa dell'ingegner Goffredo Modena, la fondazione si propone di  dare un aiuto ai bambini poveri, ammalati, senza istruzione, che hanno subito violenze fisiche o morali e garantire loro l'opportunità e la speranza di una vita degna di una persona, nel mondo e in Italia. Sono 71 i Paesi del Mondo in cui  la Fondazione interviene, realizzando progetti mirati, concreti, nati per rispondere a emergenze reali e portati avanti con abnegazione, serietà e competenza. Fra questi, appunto, c'è “cuore di bimbi”, attivo dal 2005 in 10 Paesi, che ha permesso ad oggi di salvare la vita a 857 bambini altrimenti condannati da gravi cardiopatie congenite, con esiti spesso letali.
La Fondazione opera nella più assoluta trasparenza, nella convinzione che sia doveroso certificare  ogni voce con la massima chiarezza, in un dialogo continuo che unisce chi è desideroso di fare del bene con chi ha la possibilità di farlo in modo concreto, rispettoso e consapevole di muovere nella stessa direzione: quella dell'aiuto alle tante vittime di questo mondo, rese ancora più indifese dall'essere bambini.
Da oggi, anche noi remiamo con Goffredo, con Sara e con gli oltre mille volontari sparsi sul territorio italiano - e lo facciamo con questo libro che è il primo tassello di quella che ci auguriamo possa essere una collaborazione duratura e proficua.


Tutte le copie de L' ORA DEL paTE' contribuiscono alla campagna “cuore di bimbi”, in base ad un progetto che è nato contemporaneamente al libro e si è sviluppato in parallelo: potete trovarle in tutte le librerie d'Italia, su Amazon e su Ibs, sul sito della casa editrice e sul sito della onlus


Informazioni sul libro
titolo: L'ORA DEL paTE'
pagine: 144
costo: 18,00 euro
casa editrice :Sagep- Genova
illustrazioni di Roberta Sapino (Le Chat Egoiste- lechategoiste.blogspot.it)
fotografie di Sabrina de Polo

Vini Ville e Sapori: La scoperta del Gusto nella Terra dei Buoni

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Porta d'ingresso Villa Camplieto, Ercolano, Na

Ci ho messo un po’ di giorni a scrivere questo post; molti lo aspettavano, qualcuno me lo ha chiesto, altri sono rimasti un po’ delusi per essere venuti qui a cercarlo molte volte e non averlo trovato.
Ma la fatica di mettere delle idee in ordine e buttarle giù è stata davvero tanta, perché ho avuto una mente e un cuore affollati di immagini, emozioni, incontri, sensazioni, odori e sapori tutti entrati in me nell’arco di una serata. E l’indomani poi la prima sensazione che ho avuto al risveglio è stata un’incredulità infantile mista a una meravigliosa esterefazione per il senso del bello che ho avuto la possibilità di vivere.
Tutto questo durante Vini Ville e Sapori, a Villa Campolieto, fra affreschi e architetture vanvitelliane, una kermesse  per condurre il visitatore alla scoperta di antiche dimore storiche attraverso un’enogastronomia di qualità.
Villa Campolieto è una dimora storica che si trova a Ercolano entro il tratto del Miglio d’oro, che corre lungo la Tirrenia Inferiore identificata un tempo come la Strada Regia della Calabrie. Il Miglio d’oro corrisponde esattamente a un miglio, l’unità di misura della Provincia di Napoli, prima dell’unificazione; un percorso che  vanta una ricchezza di ville nobiliari costruite a partire dal ‘700. Carlo di Borbone, visitando la villa del duca di Elboeuf, rimanendo  affascinato dalla bellezza del paesaggio vesuviano e dalla dolcezza del suo clima, commissionò la costruzione della Reggia di Portici.
Dopo di lui molti nobili seguirono il suo esempio  e decisero di trasferirsi lungo quel tratto facendosi costruire da importanti architetti ville sontuose con giardini e fontane.
Ma gli eredi degli aristocratici borbonici non furono in grado di garantirne la conservazione per cui il Parlamento italiano, nel 1971 istituì l’Ente per le Ville Vesuviane per provvedere alla conservazione, il restauro e la valorizzazione del patrimonio artistico delle ville.
Grazie al supporto di questa Fondazione  è da otto anni che Vini Ville e Sapori  è ormai l’evento più atteso.
Trenta cantine con oltre 100 etichette, accompagnati da un ventaglio di prodotti a tutela regionale, per delinearsi in un festival dei territori e delle tradizioni ma quelle buone e sane, con l’intento di rispondere e contrapporsi, quest’anno, alla violenta campagna mediatica che ha inevitabilmente dilaniato la nostra meravigliosa regione.
La Terra dei Buoni che si contrappone alla Terra dei Fuochi
La situazione di cui  parla la cronaca degli ultimi tempi è drammatica, ma è limitata a una piccola porzione di un vastissimo territorio, che produce delle eccellenze continuamente monitorate e salvaguardate.
Antonio Lucisano, direttore del consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop, chiede delle azioni immediate, visto che i danni riguardanti il settore si aggirano intorno ai 20 milioni di euro.
In un incontro che ho avuto con lui, prima di questo evento, ricordo la sua veemenza, durante un’intervista a cui ho assistito, a sottolineare che le bufale vivono all’interno di recinti chiusi, con nessuna possibilità di contaminazioni con nessun tipo di rifiuti. E in un caseificio mediamente in un anno entrano 200 volte per effettuare tutti i tipi di controlli.
Ed io che in un caseificio ci lavoro, vedo questi controlli e vedo che le bufale non pascolano.
Ma torniamo a Villa Campolieto e alla mia presenza in quell’incantevole cornice.
Anzi carissimi, lascio il posto alle immagini, che talvolta sono molto più eloquenti persino di un minuzioso trattato.

Sala di Minerva e Mercurio, Villa Campolieto, Ercolano
Aperitivo e primi assaggi



Nella Cappella Gentilizia i laboratori


Laboratorio delle Bollicine campane 

 e laboratorio delle Birre artigianali
a cura dell'AIS delegazione comuni vesuviani rappresentata da Pasquale Brillante



Laboratorio dei pecorini campani a cura dell'Onaf di Caserta e di Napoli
condotto dal maestro Mario Sanza


Laboratorio del latte nobile dell' Appennino Campano
a cura dello Slow Food condotta del Vesuvio


Laboratorio dell'olio  a cura della Coldiretti
condotto da Maria Luisa Ambrosino capo panel CCIA di Napoli


Forum La Terra dei Buoni 
La salvaguardia dei territori agricoli campani per una filiera produttiva di qualità
Con Antonio Lucisano, Alfonso Carbonelli, Massimo Di Porzio,Felice Biasco


Le Sale del Gusto


Onaf

Patata ricciona ripiena di Provolone del Monaco con musetto di vitello e polpo
dello chef Agostino Petrosino del ristorante La Casa degli Angeli


La mela annurca igp

Pasquale Di Matteo dell' Associazione Matese e dintorni

Il miele

E per finire nella sala dell'Incannucciata 





con i miei amati lievitati e la mia amata ricotta di bufala

 Pane di segale integrale al sesamo bianco con ricotta e marmellata di arance al cardamomo

Focaccia di farina di grano duro integrale con mousse di ricotta al pecorino e olive nere

Pane integrale di farro alle noci con ricotta e pere caramellate al miele cannella e pepe

Crakers al rosmarino con ricotta e crema di castagne e zucca


Tutti gli impasti, ovviamente con lievito madre

Spezzatino di bufalo all’aglianico con batata rossa e paninetti alla mela annurca e cavolo rosso

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Ci sono dei momenti nella vita che segnano delle tappe e delle svolte, che ti cambiano dentro e ti fanno guardare la cose con occhi diversi.
Ci sono dei momenti in cui dentro hai solo una grande ferita che nessun amico, gratificazione o successo può mai lenire.
Poi ci sono dei momenti in cui ti ritrovi con il cuore gonfio di rabbia, unico sentimento che prende possesso di tutte le tue facoltà, le tue azioni e i tuoi pensieri; una rabbia che ti acceca e ti rende impotente allo stesso tempo.
Poi ci sono dei momenti in cui ti riconcili con te stesso, con il mondo, con gli altri e con il tuo cuore, facendoti sentire in pace, certo di aver fatto tutto quello che potevi, affidando tutto il resto a una Volontà superiore a te stesso.
Tutto questo è avvenuto in me, in questo periodo di assenza da questo mio angolo virtuale.
Il mio papà se n’è andato!
Se n’è andato il sostegno e la colonna della mia vita!
Se n’è andata la persona più buona, gioviale, generosa e disponibile di questo mondo!
Da poche persone mi sono lasciata confortare, a poche persone ho permesso di avvicinarsi al mio dolore, probabilmente perché era un rodaggio che dovevo affrontare lucida e cosciente. Probabilmente perché poche persone ho sentito intimamente sincere e vicine.
Forse si contano sulle dita di mezza mano.
E’ difficile condividere un dolore e compatire, lo capisco.
Però ho sentito molto vicino molti amici virtuali e in particolare quelli dell’MTC, in primis Alessandra; per questo motivo, in concomitanza con la sfida di gennaio ho fatto uno sforzo immane per ricominciare, come segno di gratitudine per tutte queste persone che hanno avuto premura di farmi sentire la propria vicinanza. Alcuni mi hanno scritto dei messaggi profondi e toccanti (qualcuno attende ancora una mia risposta) tanto da farmi pensare che chi apre un blog magari è per smorzare una sofferenza che lo attanaglia, per cui ha una maggiore sensibilità verso il dolore altrui.
Comunque non voglio più cercare risposte, prendo quello che la vita mi dà, grata per le persone che incontro e per le esperienze che mi viene data occasione di vivere.
Grazie!
Questa ricetta sarebbe tanto piaciuta al mio papà


Per lo spezzatino
Kg 1 di polpa di bufalo
100 ml di Aglianico
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
1 cucchiaino di coriandolo
2 peperoni cruschi
1 acciuga salata
Sale
Olio extravergine d’oliva
500 g di batata rossa
Aglio





Tagliare a pezzi la polpa di bufalo, sistemarla in una ciotola, aggiungere la cipolla a fette, la carota a dadini e la costa di sedano a pezzi grossolani, privata dei filamenti. Aggiungere 50 ml di aglianico,il coriandolo, i peperoni cruschi sminuzzati e l’acciuga diliscata e dissalata. Amalgamare, coprire con pellicola trasparente e lasciar marinare in frigo, nella parte meno fredda, per 12 ore. Trascorso questo tempo, prima di cominciare la cottura della carne, preparare le batate; lavarle bene, strofinando la buccia con una spazzolina da cucina e ridurle a dadini di cm 1.5 circa, senza sbucciarle. Condirle con sale, aglio e olio e lasciar insaporire.
Scolare bene la carne con le verdure e trasferire in un tegame di terracotta riscaldato con olio evo; rosolare e aggiungere il restante vino, salare e coprire. Lasciar cuocere per 60 minuti coperto e a fuoco dolce.
A questo punto aggiungere le batate, rimestare e continuare la cottura per altri 30 minuti.



Per i paninetti
Versione con lievito madre, tra parentesi dosi con lievito di birra
250 g di farina 0 (290 g)
50 g di farina di grano duro (65 g)
100 g di lievito madre rinfrescato (5 g)
300 ml di acqua (330 ml)
1 foglia di cavolo rosso, 30 g circa
1 mela annurca
30 g di burro
1 cucchiaino di miele
2 chiodi di garofano
1 cucchiaino di sale



Ridurre la mela annurca in piccoli dadini, senza sbucciarla. In una padella sciogliere il burro a fiamma dolce, aggiungere il miele, i chiodi di garofano e infine i dadini di mela. Spadellare per tre/quattro minuti, spegnere e lasciar raffreddare. Ridurre il cavolo rosso in piccoli quadratini e mettere da parte.
Sciogliere il lievito in 100 ml di acqua, magari con le fruste elettriche. In una ciotola versare le farine setacciate, fare un incavo versare il lievito sciolto, il resto dell’acqua, il sale, le mele preventivamente private dei chiodi di garofano e il cavolo rosso. Impastare fino ad amalgamare bene tutti gli ingredienti, coprire con pellicola e lasciar lievitare fino al  raddoppio.
Scaldare il forno a 200°. Sistemare della carta da forno in una teglia e con un cucchiaio distribuire l’impasto ottenendo otto/nove piccoli panini. Cuocere per 30 minuti



Servire lo spezzatino con il suo sughetto, suddividendolo in quattro piatti, accompagnato da due paninetti.


Con questa ricetta partecipo all'MTC di gennaio

http://www.mtchallenge.it/2014/01/mtc-n-35-la-ricetta-della-sfida-di.html

dove le simpatiche sorelle del blog La cucina Spontanea hanno proposto il loro spezzatino

Un'invito speciale a "L'ora del Patè"

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Lunedì 10 febbraio 2014 – ore 18.30 – Presentazione del volume L’ora del paté a cura di Alessandra Gennaro, illustrazioni di Roberta Sapino, fotografie di Sabrina de Polo (Sagep Editori, collana I libri dell’MTChallenge, 144 pagine, euro 18,00) presso Mondadori Duomo di piazza Duomo, Milano – con la partecipazione straordinaria di Paolo Massobrio, Daniela Lucisano e Alessandra Gennaro.
A Natale ha fatto impazzire la blogsfera con il mantra “Questo Natale #bastabiscotti”.
Un caso editoriale: la prima tiratura esaurita in soli 6 giorni. Ora L’ora del paté, curato da Alessandra Gennaro, con illustrazioni di Roberta Sapino e fotografie di Sabrina de Polo, edito per i tipi di Sagep Editori (144 pagine, brossura con bandelle, euro 18,00) arriva finalmente a Milano, lunedì 10 febbraio 2014, alle ore 18.30 nello Spazio Eventi, posto al terzo piano di Mondadori Duomo (piazza Duomo, 1 – Milano). La presentazione sarà curata dal giornalista Paolo Massobrioe da Daniela Lucisano, nuovo direttore di “A Tavola”, con la partecipazione di Alessandra Gennaro.
Con L’ora del paté nasce la collana “I libri dell’MTChallenge”, sviluppo su carta della sfida di cucina più popolare del web (www.mtchallenge.com), che conta ad oggi un archivio di oltre 5.000 ricette inedite. Il volume comprende oltre ottanta ricette di paté, pani, cracker, grissini, burro e composte, conditi da aneddoti storici, suggerimenti tecnici e curiosità.
 Grazie allo “style” innovativo, alla grafica accattivante, alle illustrazioni e composizioni fotografiche che seguono il gusto contemporaneo, il volume si posiziona in un segmento di mercato che sta spopolando nell’editoria mondiale: l’home made.
Le novità del volume: stile estremamente innovativo per i libri di cucina Made in Italy e la comunicazione online, che vede sul fronte molti tra i foodblog più seguiti della rete.
L’mtchallengeè una sfida culinaria sul web, nata per iniziativa di Alessandra Gennaro, nel maggio del 2010 e liberamente ispirata a The Daring Challenge: è il gioco in rete più grande d’Italia. Coinvolge una community di 150 membri che partecipano assiduamente a ogni gara, oltre ad un pubblico molto più ampio di lettori affezionati e di osservatori interessati, compresi i media che si occupano di cibo.
Acquistando il volume, inoltre, si sosterrà il progetto “cuore di bimbi” della Fondazione “aiutare i bambini” (www.aiutareibambini.it) di Milano.

Info line:
SAGEP EDITORI
tel 010 5959539

Pantacce e fagioli all'olio aromatizzato

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Un giorno ricevo l’invito da Cecilia Buonomo, delle edizioni Cinquesensi, a partecipare, con una mia ricetta, a un volume sulla pasta, della collana  EXTRAricette. Viste le varie vicissitudini avute in questo periodo, non prendo in considerazione la  mail. Poi facendo una pulizia nella mia casella ormai intasata, rivedo la mail in questione e subito in me incomincia un susseguirsi di idee per come organizzarmi subito con la mia adesione a questo progetto, l’esecuzione della ricetta, le foto, la pubblicazione. Tutto questo affanno perché mi ha entusiasmata molto il tema della collana: l’olio extravergine d’oliva, in tutte le interpretazioni, dall’antipasto al dolce.
Sono oltretutto felicissima di dare il mio contributo per rivalutare ancora una volta questo nostro grande prodotto, purtroppo preso di mira in queste ultime settimane addirittura dal New York Times. Ha pubblicato 15 vignette in cui è descritto il suicidio dell’olio, sottolineando le contraffazioni a cui è sottoposto. Questa notizia purtroppo ha fatto il giro del mondo, ha alzato un gran polverone, etichettando ancora una volta noi italiani come un popolo di imbroglioni, favoriti dalla politica e dalle mafie. Poi lo stesso New York Times sapete cosa ha fatto? Ha ridimensionato la notizia, modificando alcune vignette e ha fatto degli aggiusti qua, ha messo delle toppe là per rendere più soft quello che ormai era già irreparabile.
( La serietà dei vecchi tempi del New York Times dov’è andata a finire?)
Sembra un destino inalienabile quello di dover subire ciclicamente delle accuse riguardo a prodotti che sono delle eccellenze e un vanto per la nostra economia. Non si può negare che le frodi esistono, gli imbroglioni ci sono, però abbiamo anche tanti organi di tutela che combattono senza mai abbassare la guardia; abbiamo il nostro buon senso; abbiamo produttori di fiducia a cui rivolgerci; abbiamo organi di informazione accreditati.
Io intanto ho un concetto che mi guida: diffidare dei prezzi troppo bassi. Io non comprerò mai un olio che costi meno di 6-7 euro.
Per me l’olio, scontato dirlo, è il protagonista indiscusso della mia cucina e della mia tavola, perché impareggiabile, oltre che per le note qualità organolettiche e salutistiche, come “esaltatore di sapidità”. Quando non ho proprio nulla da cucinare ripiego su una  pasta all’olio, e ogni volta mi ritrovo soddisfatta di aver cucinato il miglior piatto in assoluto.
Ma come renderlo ancora più protagonista?
Non il solito sugo, non il solito impasto, non il solito filo a crudo ho cercato di interpretare, ma ho voluto spingermi oltre finché non ho trovato l’apoteosi del gusto ottenuta proprio grazie all’olio.
L’estrazione degli aromi e degli umori di erbe e spezie attraverso l’olio caldo e mantenuto tale per tempi lunghi, usato poi per condire la pasta e fagioli.
Garantisco un concentrato di sapore unico e impareggiabile; provare per credere!



Ingredienti
400 g di pasta tipo pantacce
400 g di fagioli già cotti
Qualche rametto di rosmarino
Qualche foglia di salvia
½ cucchiaino di pepe in grani
½ cucchiaino di finocchietto
1 piccolo peperoncino intero
2 spicchi di aglio in camicia schiacciati
Sale
8 cucchiai di olio extra vergine di oliva


Preparazione
In un tegame di 22/24 cm di diametro versare i cucchiai di olio e tutte le erbe e spezie; mettere sulla  fiamma più piccola abbassando quanto più possibile e lasciar lì a riscaldare. Non deve assolutamente sfrigolare ma solo riscaldare per un tempo lunghissimo che può durare anche 35/40 minuti. In questo modo le erbe e le spezie rilasceranno i loro aromi, fondendosi ed equilibrandosi, grazie all’azione termica dell’olio.  Intanto mettere la pentola con l’acqua e quando bolle cuocere la pasta. Un minuto prima del termine della cottura, aggiungere i fagioli all’olio aromatico, poi scolare la pasta e aggiungere anche questa nel tegame, mantecare e lasciar riposare per due minuti. Impiattare e servire.
Questa pasta non ha bisogno di aggiunte di pomodoro o formaggi, perché questi andrebbero a pregiudicare il risultato del piatto finito.



Con questo piatto partecipo a


La torta al cioccolato di Pinella

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Chi mi conosce sa che non amo i dolci.
Chi mi conosce sa che tutte le mie attenzioni, anche in un pranzo sontuoso, terminano quando si arriva ai dolci.
Ma in certi momenti anche io ho bisogno di un pezzo di cioccolato, di un biscotto rustico, di una fetta di crostata.
E in certi momenti vago per i blog per cercare la giusta ispirazione e inventarmi un nuovo dolce.
E stavolta vagando sono approdata da Pinella.
Già l'avevo conosciuta, ma evidentemente era accaduto in uno di quei momenti che avrei preferito una tartina, un muffin salato o delle noccioline, e non ci ero più ritornata.
Ma ora, con un bisogno di cioccolato, ascoltando la sua languida musica, guardando quelle glicemiche preparazioni, la mia attenzione è stata completamente rapita da questo dolce.
L’ho voluto replicare subito, senza apportare variazioni, se non qualche leggera nota nel procedimento.
E’ la mia malattia quella, anche poco, di rimaneggiare le ricette, reinterpretarle, personalizzarle.
Pinella ha seguito fedelmente per la base Pierre Hermè, di cui lei, oltre che Maurizio Santin, si fida ciecamente; la ganache al cioccolato invece è di Christopher Felder.


Ingredienti per la base
3 uova
125 g di zucchero
125 g di burro
150 g di cioccolato fondente al 70 %
60 g di latte intero
1 cucchiaino di caffè solubile
125 g di farina
1 cucchiaino di lievito in polvere
In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso.
A parte montare a neve soda gli albumi con un pizzico di sale.
In un pentolino a parte far fondere a fuoco dolcissimo il cioccolato con il latte e aggiungere il burro morbido a temperatura ambiente. Quando il composto sarà tiepido aggiungerlo ai tuorli e amalgamare poi incorporare a cucchiaiate la farina setacciata insieme al lievito. Per ultimo incorporare gli albumi delicatamente con movimenti dal basso verso l’alto per evitare che smontino. Rivestire uno stampo da 24 cm di diametro con carta da forno, versare il composto e cuocere in forno preriscaldato per 40 minuti.

Per la ganache
200 g di panna
1 cucchiaio di zucchero
250 g di cioccolato fondente
40 g di burro
In un pentolino portare a ebollizione la panna con lo zucchero, aggiungere il cioccolato tritato grossolanamente e il burro, spegnere e lasciare coperto finché il cioccolato non si sciolga completamente.
Far raffreddare e montare con le fruste elettriche

Per completare 
150 g di marmellata di arance
1 bicchierino di Gran Marnier

In una tazza amalgamare il liquore alla marmellata e spalmarne una metà su un disco del dolce tagliato in precedenza. Ricoprire con un velo di ganache e sovrapporre il secondo disco. Ripetere l’operazione, spalmando prima la marmellata e poi la ganache coprendo anche i bordi.
Si può completare usando una siringa per fare dei ciuffi oppure con una frusta rigando leggermente la superficie con movimenti dal centro verso i bordi.


Pinella suggerisce di guarnire con spicchi di arancia caramellati.

Strudel salato alla parmigiana con fonduta di mozzarella di bufala

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E se dico parmigiana non è alla maniera di Parma ma è scontato e sottinteso che è alla maniera  di quel piatto che nella mia terra definiamo semplicemente con questo sostantivo e cioè la parmigiana di melanzane.
Quando ho visto che il tema di questo mese proposto dalla nostra Mari (finalmente cara!) Lasagna Pazza era lo strudel ho avuto un po' di scoramento riguardo le eventuali svariate prove da fare, perché mai nella mia vita ho intrapreso questo tipo di preparazione. Ma dopo la preoccupazione è arrivato una sorta di incitatio per la scoperta della versione salata. Qui io vado a istinto, mi sento sicura, sono pronta anche a rischiare figuracce pur di affrontare questo tipo di ricette che non siano dolci. Mi perdoni la cara Mari se non ho seguito alla lettera il suo procedimento per la sfoglia (quello di tirarla meno sottile rispetto alla dolce) ma l'ho fatta come piace a me e ai miei giudici domestici intransigenti, cioè sottile sottile quasi come quella dello strudel dolce. E non ho avuto paura di rischiare di romperla con tutto quel ripieno luculliano e pantagruelico che ci ho infilato, perché sempre il mio istinto mi diceva che quell'acqua calda ma non bollente le avrebbe dato la giusta elasticità; e non mi sbagliavo!!!
Una nota sulle melanzane, che è una sorta di mea culpa: sono consapevole e cosciente della mia scelta, so che non è stagione, so bene che a luglio sarebbero state più buone, salutari ed ecosostenibili, ma che ci posso fare se proprio a febbraio e proprio la Mari mi hanno ispirato questa ricetta?
Come potevo non rielaborare uno dei piatti forti della mia terra proprio per l'MTC?

Ingredienti
Per la sfoglia
150 g di farina
50 ml di acqua
1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
1 pizzico di sale
Per il ripieno
1 melanzana da 200 g
250 g di provola affumicata
400 ml di sugo gia pronto
50 g di parmigiano reggiano
farina
olio di semi
sale
Per la salsa
100 g di panna
50 ml di latte
100 g di mozzarella di bufala
50 g di parmigiano reggiano


Preparazione dell'impasto
Scaldare l'acqua che deve essere abbastanza calda ma non bollente. In una ciotola setacciare la farina, aggiungere il sale e l'olio e versare gradualmente l'acqua mescolando. Quando la farina avrà assorbito tutta l'acqua trasferire l'impasto su un ripiano e lavorarlo con le mani per un paio di minuti. Formare una palla, coprire e lasciar riposare una mezz'ora.



Preparazione del ripieno
Affettare le melanzane molto sottili senza sbucciarle.Metterle a strati in un piatto spolverandole con il sale, coprire con un altro piatto e metterci un peso sopra, ad esempio una bottiglia di acqua da due litri. Lasciar spurgare per 1 ora; poi tenendo il piatto inclinato schiacciarle con il palmo della mano aperto e far fuoriuscire quanto più liquido possibile. Adagiarle su un telo pulito e tamponarle. A questo punto mettere abbondante olio di semi in una padella e far riscaldare; infarinare le fette di melanzane e friggerle. Trasferirle su abbondante carta da cucina per assorbire l'olio in eccesso.
Tagliare la provola affumicata a dadini o a fettine molto sottili e far scolare in un colapasta.
Per il sugo si può usare il classico ragù, che io faccio alla maniera di Mariella che ha spiegato egregiamente in questo post, oppure un sugo semplice fatto solo con passata, olio e sale, però non darà gli stessi risultati del precedente.
Stendere la sfoglia
Mettere a bollire sul fuoco una pentola abbastanza larga da contenere lo strudel.Prendere l'impasto, appiattirlo con le mani e con un mattarello iniziare a stenderlo fino ad ottenere una sfoglia possibilmente quadrata da 25 cm circa di lato. Tenere la sfoglia appoggiata su un telo pulito.
Disporre uno strato di sugo molto sottile, lasciando un paio di cm di spazio lungo i bordi. Mettere poi uno strato di provola affumicata e poi uno strato di melanzane, Completare con altro sugo e con una spolverata di parmigiano reggiano. A questo punto aiutandosi con il telo incominciare ad arrotolare la sfoglia, ripiegare i lembi esterni verso l'interno e formare un rotolo. Avvolgerlo nel telo, chiudere i due lembi esterni con uno spago e fare anche un paio di giri lungo il rotolo.
Salare l'acqua, adagiare lo strudel e far cuocere per trenta minuti.


Preparare la salsa
Tritare la mozzarella finemente, metterla in un pentolino e aggiungere la panna e il latte. Riscaldare a 37° circa ( farà fede la prova col dito) e poi con un frullatore a immersione frullare a lungo fino a renderla cremosa. Aggiungere il parmigiano e amalgamare. Volendo si può anche passare in un setaccio per renderla vellutata ed eliminare i grumi.
Completare il piatto
Togliere lo strudel dall'acqua, liberarlo dal tovagliolo e tagliarlo a fette. Disporle in un piatto e cospargere con la fonduta di mozzarella.


Con questa ricetta partecipo all'MTC di febbraio



dove Mari del blog Lasagna Pazza ha proposto il suo strudel

Chiacchiere di carnevale

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Questa è una di quelle ricette che fa parte del quaderno della nonna, anche se un quaderno in effetti non ce l’ho, ma è stata tramandata fedelmente senza modifiche e senza rivisitazioni.
Noi le chiamiamo guanti perché si fanno della grandezza di una mano, sottili sottili, con un solo taglio al centro.
Ovviamente si va ad occhio, ma le dosi le ho “ricostruite” io. In mezzo a quella fontana di farina ci si mette quello che è previsto, si impasta e poi in base alla consistenza che si sente sotto le mani si aggiunge altra farina o altri liquidi.
Una tira l’altra, altamente pericolose per la linea, ma in compenso una soddisfazione per il palato!


Ingredienti
350 g di farina
2 uova
2 cucchiai di limoncello
2 cucchiai di olio d’oliva
½ bicchiere di vino bianco
2 bustine di vaniglia
1 pizzico di sale
½ lt di olio di girasole per friggere
zucchero da spolverare
Preparazione
Setacciare la farina, fare una fontana, aggiungere prima le uova e poi tutto il resto degli ingredienti. Iniziare a impastare con una forchetta per amalgamare parte della farina, poi quando diventa abbastanza consistente iniziare a impastare con le mani. Ripiegare e appiattire più volte senza tirare la pasta per una decina di minuti. Formare una palla e lasciar riposare per 15 minuti. Poi con una mattarello tirare una sfoglia molto sottile: non sarà difficile perché la pasta risulta molto elastica. Con una rotella dentellata formare dei grossi rombi, grandi quanto una mano e praticare un’incisione al centro.
Mettere a scaldare l’olio in una padella di circa 28 cm di diametro e quando ha raggiunto la temperatura procedere alla frittura di 2-3 guanti alla volta. Una volta tuffato nell’olio, con la forchetta tenerlo immerso per far si che sia inondato di olio bollente anche in superficie: questo accorgimento favorisce la formazione uniforme delle bolle su entrambi i lati. Man mano che sono pronte trasferirle prima in un grande colino adagiandole verticalmente e poi in un piatto largo. Solo al momento di servirle spolverarle di zucchero a velo o semolato.


Ravioli al filetto di maialino e confettura di lamponi per...UnLampoNelCuore...

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Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a "unlamponelcuore" intendono far conoscere il progetto "Lamponi di pace" della Cooperativa Agricola Insieme,nata nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di Bratunac, dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro figli maschi. Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema di microeconomia basato sul recupero dell'antica coltura dei lamponi e sull'organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull'aiuto reciproco, sul mutuo sostegno e sulla collaborazione di tutti. A distanza di oltre dieci anni dall'inaugurazione del progetto, il sogno di questa cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola "ritorno" nella scelta del "restare".
Una sera leggevo nel blog di Anna Maria Pellegrino un post che raccontava di questo genocidio, intriso di note storiche, molto profondo ma allo stesso tempo molto straziante. Rimasi senza parole, non riuscii a lasciare un commento, ma ci ritornavo su più volte. Perché ero rimasta senza parole? Perché mi pesavano quelle verità così sconcertanti?
Poi avevo intravisto uno spiraglio di luce, una speranza, un riscatto finalmente, e questo mi diede la capacità di capire che noi tante volte facciamo finta di non vedere ciò che ci accade intorno.
Verità che non ci fanno comodo, che ci obbligano a farci fare pesanti esami di coscienza su noi stessi  per vedere dove arrivano le nostre responsabilità. Siamo circondati di miseria, materiale e spirituale; siamo circondati di sofferenza e disagi eppure viviamo in un torpore, in uno stato di addormentamento che ci fa camminare, agire e pensare in realtà parallele che ci cuciamo su misura.
Poi arriva il riscatto.
E non sono i festini in cui ci immergiamo con naturale disinvoltura; e non sono i bagordi che ci fanno divertire fino allo stordimento; e non sono mimose vendute in ogni angolo di strada.
Il riscatto è ricominciare, ritrovare quella dignità che a tutti i costi è stata sottratta da qualcun altro con prepotenza e violenza; è tirare su dei figli dandogli solide fondamenta ma capaci di essere uomini diversi ; permettergli di godere di quei diritti che sono il sacrificio di altri uomini.
A metà post quando lessi del progetto di solidarietà “Lamponi di pace”, ebbi letteralmente un lampo nel cuore: non poteva essere trovato nome più appropriato per questa nostra iniziativa‼!
E mi sentivo in dovere di contribuire anche io con una ricetta, una ricetta che rappresenta questo mio sentimento: un raviolo che racchiude al suo interno ( il cuore)  il lampone!
Per la sfoglia
150 g di farina
150 g di semola rimacinata
3 uova cat. A
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Setacciate le due farine su una spianatoia, poi con le dita fate un buco al centro, la fontana, sgusciateci le uova e versate l’olio a filo; non aggiungete sale. Cominciate a incorporare parte della farina con la forchetta, poi quando notate che l’impasto prende corpo, amalgamate tutto con le mani. Impastate vigorosamente, schiacciando e piegando più volte senza però stressarlo. Formate una palla, metteteci una ciotola capovolta sopra e dedicatevi al ripieno.
Per il ripieno
300 g di filetto di maialino
2 scalogni
1 piccola costa di sedano
1 carota grande150 ml di vino rosso
2 grosse patate
Olio extravergine d’oliva
Sale
Pepe
Confettura di lamponi
Il filetto è il punto più nobile, succoso e tenero del maiale; se poi è di un maiale giovane queste caratteristiche risultano ancora più marcate.
Allora mettete innanzitutto un tegame di terracotta o di ghisa sul fuoco, fate un soffritto delicato con l’olio, lo scalogno e il sedano tritati finemente e la carota a pezzi un po’ più grandi. Aggiungete il filetto tagliato a dadini di circa 2 cm, rimestate per un paio di minuti, salate, pepate e infine irrorate con il vino. Coprite e lasciate cuocere fino a che il vino evapori completamente e la carne risulti leggermente caramellata.
Attendete che intiepidisca poi passate la carne  in un mixer e frullate a intermittenza: deve risultare una consistenza non completamente omogenea, in cui i pezzi sono ancora disinti.
Aggiungete a questo punto la patata precedentemente bollita in acqua salata e ridotta a dadini e date ancora due colpetti con il mixer.
Trasferite in una ciotola e aggiungete due belle cucchiaiate di confettura di lamponi e amalgamate.
Stendete la sfoglia e ricavatene dei rettangoli di 8 cm di larghezza.
Prelevate il ripieno con un cucchiaino e rotolandolo tra le mani formate delle palline grandi quanto una nocciola;adagiatele sulla sfoglia di pasta distanziandole tra di loro di circa 2,5 cm. Piegate la sfoglia sul ripieno, con i mignoli fate fuoriuscire l’aria, poi con una rotella dentellata sigillate lungo i bordi e ricavate i ravioli.
Per il condimento
100 g di burro chiarificato
80 g di nocciole sgusciate
100 g di briciole di pane
1 tazzina di sciroppo di lampone
In un saltapasta largo sciogliere il burro e aggiungere prima le nocciole e poi le briciole di pane. Spadellare un paio di minuti e spegnere.
Mettere la pentola con l’acqua, cuocere i ravioli, scolateli man mano che vengono a galla e versateli nel condimento di nocciole e pane.
Amalgamate e se occorre aggiungete un po’ di acqua di cottura.
Impiattate e completate con dello sciroppo di lampone ed eventualmente una spolverata di pepe di mulinello.
E ora tutti nelle Botteghe Altromercato, da Mio-bio e nelle Coop-Adriatica e Nord-Est

Spaghetti aglio olio e peperoncino, perché non si è mai troppo giovani per poterseli gustare

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Ecco puntualmente, mentre sono in giro per la spesa mi squilla il cellulare, ed eccolo è sempre lui che puntualmente mi chiama per chiedermi se, giacché mi trovo, di comprargli l’ultimo di Caparezza;
e questo succede indifferentemente io decida di andare al mercato o in una botique.
Ed io puntualmente non mi scomodo proprio a cercare un negozio!
Ma perché, mamma? Sento ogni volta questo ridondio.
Semplicemente perché tu giri mezza Napoli e non ti scomodi proprio a cercartelo.
Mamma ma io ho la metro, ho il treno, mi suona la campanella, non mi bastano i soldi………….
Le solite eterne risposte.
E sabato eccolo di nuovo
Mamma sei al centro commerciale?
Si!
Me lo prendi il disco di Capa?
Vabbè te lo prendo!
Giro per l’immensa bolgia, un caldo infernale, le borse con la spesa ( mannaggia a me che non ho preso il carrello!)non trovo l’ombra di un negozio di dischi!
Decido di andarmene
Di nuovo il telefono
Mamma l’hai preso?
No, non trovo il negozio!
Ma non è un negozio, è alla Mondadori!
Mannaggia a me, ci sono passata e ripassata dieci volte, ecchecavolo non ci ho pensato mezza volta a entrarci.
Stanca morta, con le guance che sembravano due mele rosse e i capelli elettrizzati entro e filo dritta verso la commessa: mi può indicare dove sono i cd di Caparezza? Sa è per mio figlio.
E lei mi fa: ah lo dicevo che non poteva essere per lei un cd del Capa
Quella capa gliel’avrei conficcata nel vetro dove mi ero specchiata poco prima!
Mentre dietro di lei mi avvicinavo alla cassa, prendendo i soldi ecco a sottolinearle: guardi che Caparezza l’ascolto pure io, ho cominciato ad ascoltarlo molto prima che nascesse mio figlio e ce l’ho anche sul mio cellulare!
Me ne vado con un dilemma in testa: ma cosa voleva mai dirmi quella? Sono vecchia per caso?
Torno a casa, tardi, troppo tardi.
A loro una pasta al burro ed io all’olio (non amo tanto il sapore del burro sulla pasta).
No anzi, visto il mio umore alquanto rabbioso ripiego piacevolmente su uno spaghetto aglio olio e peperoncino.
Ma poi mi balena un altro dilemma: ma non è un piatto da vecchi?



 Spaghetti aglio olio e peperoncino

Ingredienti
350 g di spaghetti
2 spicchi di aglio
Peperoncino
100 ml di olio extravergine d’oliva
sale
Preparazione
Mettere l’acqua per gli spaghetti sul fuoco. In un tegame a parte versare l’olio, l’aglio schiacciato e il peperoncino sminuzzato. Far rosolare a fuoco dolcissimo, facendo attenzione a non far bruciare l’aglio.
Quando l’acqua bolle calare gli spaghetti, salare e cuocere secondo i tempi indicati sulla confezione.
Scolare e trasferire nel tegame con aglio e olio, mantecare, spegnere far riposare due minuti e servire.


Varianti da aggiungere al soffritto
-un’acciuga dissalata e diliscata facendola disfare completamente mentre soffrigge;
-due pomodorini schiacciati e fatti saltare a fuoco vivo;
- al momento della mantecatura una spolverata di prezzemolo fresco.

Soufflé alla mozzarella con salsa di fragole e fragole confit

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Probabilmente sono un tipo abbastanza prevedibile. Quando si tratta di impegnarmi in ricette un po’ più importanti, molto spesso tiro in ballo la mozzarella.
E cosi è stato anche stavolta che ho letto della ricetta di Fabianadell'MTC di questo mese 

Per questa ricetta mi sono lasciata ispirare da un'altra ricetta, da un rotolo di mozzarella farcito di fragole e salmone.
Qui il salmone non c’è, ma volendo si può aggiungere.
  

Per il soufflé
300 ml di panna fresca
3 cucchiai da minestra di maizena
30 g di burro + quanto basta per gli stampi
6 uova medie
250 g di mozzarella di bufala
Sale e pepe
Menta fresca
3 cucchiai di parmigiano stagionato per ricoprire
fondo e bordi degli stampi

Scaldare il forno a 200°
Con un pennello imburrare gli stampi e poi spargere il parmigiano grattugiato. Riporre in frigo fino al momento di riempirli. In un secondo momento ripassare ancora in bordi con altro burro e raffreddare nuovamente.
Mescolare la maizena con un po’ di panna.
Portare a ebollizione la restante panna e aggiungere il mix di panna e maizena, mescolando in continuazione, fino ad ottenere una crema densa. Spegnere e unire il burro, un pizzico di pepe, il sale e della menta fresca spezzettata. Rompere le uova e separare i tuorli dagli albumi. Unire al composto di panna i tuorli uno alla volta.
A questo punto unire la mozzarella preparata precedentemente. Deve essere una mozzarella asciutta, vecchia di un paio di giorni, tenuta in frigo tagliata a fette. Ridurla a dadini e unirla al composto.
A questo punto montare gli albumi a neve aggiungendo qualche goccia di limone.
Aggiungerli al resto del composto con movimenti verticali, facendo attenzione a non smontarli.
Versare negli stampi arrivando a 2/3 della loro altezza, lisciare la superficie e infornare.
Lasciar cuocere per 15/18 minuti senza mai aprire lo sportello, spegnere e lasciare ancora per un paio di minuti

Per la salsa alle fragole
300 g di fragole
Buccia di ½ limone
Pepe in grani
30 g di burro
Menta fresca
Sale

In un tegame mettere il burro, la buccia di limone e il pepe e la menta. Far rosolare a fuoco dolce poi coprire con mezzo bicchiere di acqua e far bollire per 15 minuti. Trascorso questo tempo filtrare e tenere da parte. Tagliare le fragole a pezzi grossolani, disporle in un tegame, coprire con il brodo ottenuto precedentemente, salare leggermente coprire e cuocere per una ventina di minuti. Frullare e passare attraverso un setaccio.



Per le fragole confit
150 g di fragole
Zucchero fine
Sale
Olio extra vergine d’oliva
Menta fresca
Tagliare le fragole in tre fette e adagiarle in una teglia rivestita di carta da forno. Spolverarle con dello zucchero semolato fine e sale e irrorarle con l’olio. Completare con della menta fresca spezzettata.
Infornare a 70° per due ore.


Presentazione del piatto
I soufflé si possono servire sia nel contenitore di cottura che estrarli.
Comunque irrorarli con una cucchiaiata di salsa alle fragole e infine guarnirli con due/tre fettine di fragole confit



Con questa ricetta partecipo all'MTC di marzo







Cake al prosciutto e melone con streusel al burro di cacao

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Cara Pattyoggi ho voglia di far finta di averti qui con me, nel mio salotto, di guardarci negli occhi e scambiarci quattro chiacchiere come due amiche reali.
Tante cose sento di avere in comune con te, anzi tante cose di cui tu racconti, tante atmosfere che fai trasparire attraverso il tuo blog, tante ricette che presenti sempre  curate in tutti i particolari, mi toccano il cuore e mi emozionano.
Ultimamente entrambe ci siamo dette di avere in comune la passione per le nostre rispettive terre, che quando realizziamo delle ricette cerchiamo sempre di presentare attraverso di esse ciò che di più tipico caratterizza le nostre regioni. Io ti posso anche dire a questo punto che la tua regione è nel mio cuore da sempre, le sue eccellenze hanno sempre esercitato un grande fascino su di me. Ricordo una volta passeggiando per le strade di Pienza tanto ero presa e tanto ero emozionata che mi ritrovavo a chiudere spesso gli occhi e inspirare a fondo quei profumi che sentivo così intensi e inebrianti. Poi entravo e uscivo dalle botteghe come stessi facendo un pellegrinaggio portandomi dietro, ovviamente, cimeli e ricordi gastronomici. Con lo stesso spirito visito botteghe locali delle mie zone dove vado sempre alla ricerca di eccellenze toscane. Tempo fa ne scovai  una immensa, che ha praticamente tutto (la panacea di tutti i miei desideri!). E uno di questi giorni ritornandoci fui attratta da un prosciutto crudo di cinta senese: un profumo intenso e un sapore che si è impresso nelle mie papille gustative. E lì proprio mentre assaggiavo mi dissi che quel prosciutto sarebbe stato il protagonista della mia ricetta per il tuo contest.
Anche io come te ho molto riflettuto su un alimentazione più naturale, con meno glutine e con meno proteine animali, che affaticano e ingolfano inevitabilmente i nostri organi.
Sette anni fa fu diagnosticata a mio figlio una patologia cronica intestinale. Non ti racconto il calvario che ci portò fino a lì e neppure i mesi e gli anni successivi, e come siano cambiate le nostre vite oggi.
Ma un particolare ci tengo a sottolinearlo. Durante la fase più critica di questa malattia è bene adottare una dieta senza lattosio e senza scorie, tanto per tenere a riposo l’intestino. All’inizio fu un dramma, perché  trattandosi di un bambino bisognava eliminare tante cose difficili da rinunciare proprio a quell’età.
Poi da queste privazioni è nata la consapevolezza dei benefici di un regime alimentare più sano e quanto più naturale possibile.
Oggi è lui stesso, ormai diciassettenne, a preferire il riso, il miglio o la quinoa ; a non rinunciare alle sue 4/5 porzioni di frutta e verdura al giorno; a fare colazione con latte di avena o di riso accompagnati magari da un mio pane integrale ai semi e una mia marmellata fatta con quei zuccheri di canna acquistati nei negozi di commercio equosolidale; a voler almeno un giorno a settimana un menù interamente vegano.
Per cui mi viene facile cimentarmi in ricette “Senza”, con il gradimento addirittura  di tutta la famiglia, perché abbiamo scoperto in questo modo, un mondo variegato di sapori veramente appagante.
Quando ho letto del tuo contest sono stata felice, perché oltre ad accettare l’invito di un’amica mi è stata data la possibilità di presentare un aspetto delle mie preparazioni che fino ad ora avevo un po’ trascurato.
Poi la tua amica Pamirilla avevo già avuto modo di conoscerla attraverso il suo bellissimo blog, e ora sono stata felicissima di scoprire da te del suo lavoro a Cose dell'altro pane (quante di noi vorrebbero coniugare la passione al lavoro!) e della linea di pasticceria naturale èsSenza. La sua mission, quella di portare la pasticceria naturale sulla tavola di tutti, è possibile; sono prima io che lo sperimento ogni giorno e sono prima io che posso testimoniarlo!
Allora, cara Patty, la golosa che è in te può stare tranquilla: ti regalo questo cake salato, che tanto salato non è, con appena un cucchiaino di miele, quel tanto per dargli un bel colore caramellato e un aroma delicato.


Ingredienti
350 g di farina di riso
90 g di fecola di patate
60 g di farina di tapioca
3 uova
300 ml di latte di avena
30 g di olio di girasole
100 g di prosciutto crudo
100 g di melone disidratato
1 cucchiaino di miele
1 cucchiaino di sale
1 bustina di cremor tartaro
½ cucchiaino di bicarbonato
Per lo streusel
30 g di burro di cacao
30 g di fiocchi di teff
20 g di semi di sesamo
Per lo stampo
Burro di cacao
Semi di sesamo


Preparazione

In una ciotola setacciate le tre farine, fate un incavo al centro, sgusciate le uova mettendo in una ciotola a parte gli albumi. Con una forchetta iniziate a battete i tuorli incorporando un po’ di farina, poi sempre mescolando aggiungete a filo il latte di avena e l’olio di girasole, alternandoli. A questo punto lavorate brevemente l’impasto con una frusta a mano o elettrica, giusto il tempo che si sciolgano eventuali grumi e aggiungendo prima il miele e poi il sale. Montate a neve ferma gli albumi con un pizzico di sale; riducete a listarelle sottili il prosciutto crudo e il melone e tenete da parte. Riscaldate il forno a 180° e nel frattempo sciogliete a fuoco dolcissimo il burro di cacao, quello che occorre per lo streusel più un po’ per lo stampo. Con un pennello da cucina intinto nel burro sciolto, imburrate uno stampo da pan brioche generosamente e distribuite poi sul fondo e lungo i bordi i semi di sesamo: lasciate solidificare in frigo.
Nel burro rimasto aggiungere i semi di sesamo e i fiocchi di teff e iintridete con le punte delle dita.
Ora che tutto è pronto aggiungete all’impasto prima il cremor tartaro e il bicarbonato, miscelati precedentemente in una tazzina, poi gli albumi montati a neve, facendo attenzione a non smontarli e infine il prosciutto e il melone. Versate nello stampo e completate con l’impasto di fiocchi dei teff, burro di cacao e semi di sesamo distribuendolo a briciole per ottenere l’effetto croccante tipico dello streusel.
Infornate e fate cuocere per 35/40 minuti, facendo ovviamente la prova stecchino.


Note personali
- Cake senza glutine e senza lattosio.Eliminando il prosciutto e sostituendolo con pari peso di noci, nocciole o olive è adatto anche per chi pratica una dieta vegetariana.
- I fiocchi di teff li ho scoperti recentemente nel negozio di prodotti di alimentazione naturale dove mi fornisco abitualmente. Il teff, coltivato in Eritrea,Etiopia, Australia e India è il cereale più piccolo del mondo, naturalmente privo di glutine. I fiocchi li ho usati per semplice curiosità e il risultato non mi ha delusa. Per chi non riesce a trovarli può sostituirli con farina di mais.
- Il burro di cacao, di origine vegetale, quindi senza lattosio, ha la caratteristica di creare una crosticina più croccante e di mantenerla tale per un tempo più lungo rispetto ad altri grassi. Nell’impasto volutamente non l’ho utilizzato perché sentivo forte l’aroma tipico della fava di cacao rimandandomi all’idea di una preparazione dolce. Ma per chi voglia osare di più, nulla vieta di inserirlo preventivamente sciolto e nelle stesse quantità dell’olio.
- La farina di tapioca, con formulazioni adeguate, è quella più indicata, perché senza glutine, per le prime pappe per avviare i neonati allo svezzamento. Se non si trova in commercio quella per gli impasti, può essere sostituita con amido di mais.
- Accompagnamento ideale per questo cake: patè di olive, pesto di pistacchi, confettura di arance amare, cutney di cipolla rossa.

E questa è la mia spesa

Con questa ricetta partecipo felice e soddisfatta al contest di Patty del blog Andante con gusto.





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